L’epidemia che faceva temere la fine del mondo: 19-26 gennaio 1922. Oltre ogni possibile sofferenza umana, finalmente sembra giungere alla fine il periodo più difficile del genere umano dopo il diluvio universale. Ma dopo 3 anni ancora si muore di influenza spagnola. La virulenza della febbre spagnola sta diminuendo lentamente e il numero dei contagi e dei decessi scende progressivamente. Persistono i picchi dell’infezione, ma l’epidemia si sta via via placando a livello globale. Ha finalmente termine l’apocalisse? In meno di un anno, 1 miliardo di persone si sono ammalate, più della metà della popolazione mondiale. Il bilancio di vittime è terribile, la Terra è stata colpita da una piaga biblica. 100 milioni di morti in ogni parte del mondo, per lo più nel giro di poche settimane tra settembre e ottobre 1918. Cento milioni è un numero che va oltre ogni possibile idea di sofferenza umana. È impossibile immaginare tutto il dolore contenuto in questa infinita fila di zeri.
L’epidemia che faceva temere la fine del mondo. Tante generazioni non ci sono più
Il genere umano è riuscito a sopravvivere, anche se intere generazioni non ci sono più. I sopravvissuti sono sempre terrorizzati, e temono di vivere le loro ultime ore di vita. L’apocalisse, infatti, non è del tutto finita, perché si registrano nel mondo altre ondate epidemiche di spagnola, che hanno, per fortuna, una rilevanza minore rispetto a quella spaventosa del 1918-1919. Solo in Italia il numero dei morti in più del normale, è di 25.400 tra febbraio e marzo 1920, di 6.200 nell’ottobre-novembre dello stesso anno. E di 28.500 nei cinque mesi da ottobre 1921 a gennaio 1922. A Roma, pensava di candidarsi alla direzione scientifica dell’Osservatorio vesuviano di Napoli, Venturino Sabatini. Con il proposito di trasformarlo secondo moderne vedute per farlo diventare una scuola di vulcanologia di importanza mondiale, quando, il 19 gennaio 1922, l’influenza spagnola lo uccide.
L’epidemia che faceva temere la fine del mondo. Muore di spagnola anche Benedetto XV
Nella stessa capitale, il giorno dopo, all’età di 67 anni, muore di febbre spagnola, anche il grande papa socialista Benedetto XV, il genovese Giacomo Della Chiesa. Un pontificato breve, poco più di sette anni, ma esercitato in un mondo in crisi, e in un periodo fra i più intensi e importanti nella storia della Chiesa e dell’umanità. Benedetto XV appena dopo aver indossato l’anello d’oro, simbolo della Chiesa, aveva già compiuto il suo primo miracolo. Restare vicino agli operai e ai contadini sfruttati dagli industriali e dalla feudalità latifondista, e come patrocinatore di una moderna democrazia portata avanti in Europa da cattolici e socialisti. Il suo secondo grande miracolo è stato l’atteggiamento, il pensiero, l’impegno. La costante angoscia di cercare di fermare il dramma della guerra che ha sconvolto il mondo, e le invocazioni per la cessazione della febbre spagnola. Il 25 gennaio, contagiata anch’essa dalla febbre, scompare Luigia Fava, moglie dell’illustre geologo Venturino Sabatini. Non lasciano figli.
La regione più colpita è la Lombardia
In Italia, la Lombardia è la regione più colpita, solo a Milano la stima totale supera i 10 mila morti. Le regioni che sopportano i più alti tassi di mortalità sono Basilicata, Calabria, Lazio e Sardegna. Cento volte in più che negli anni precedenti al 1918. Terminata l’apocalisse, l’epidemia spagnola è subito dimenticata. Cancellata, rimossa, dalla memoria, traccia comunque i destini del mondo. Il terrore si trasforma negli anni ruggenti, nei convulsivi cambiamenti sociali. Dalla frenesia della speculazione finanziaria, all’esplosione della musica jazz degli afroamericani affiancati dai musicisti italoamericani. Dalle flapper, le donne dalla disinvolta sessualità che bevono alcolici, fumano sigarette e guidano automobili come gli uomini. al proibizionismo, con gli speakeasies, i bar clandestini che vendono illegalmente bevande alcoliche. Le affascinanti ragazze flapper degli anni ruggenti, che cambiano per sempre lo stile della moda, per provare cose nuove e divertirsi quando i corsetti si staccano, le gonne si accorciano e si usano pantaloni. Sono le prime a votare.
Inizia il fascismo nel 1922
Scongiurata la fine del mondo, nello stesso 1922, grazie ai Savoia ha inizio un’altra sciagura, il fascismo. Da Torino a Napoli, da Bologna a Palermo, il peso opprimente della dittatura inizia a farsi sentire in tutta la sua brutalità. S’incendiano le sedi delle sezioni socialiste, si devastavano le Camere del lavoro, si aggrediscono i giovani dell’Azione cattolica. La vita va avanti comunque. Tra indifferenza e fatalità se lo ripetono ogni giorno la maggioranza degli italiani per non perdere la speranza. Otto nuove e fiammanti locomotive Breda, a vapore surriscaldato, migliorano le prestazioni della Ferrovia dello Stato Paola-Cosenza. Nelle Calabrie, in un giorno uguale all’altro, si continua a salire su un treno.
Il treno ci fa sognare
Il treno segno della tecnica, del progresso, della velocità, che ci fa sempre sognare. Non c’è treno che i calabresi, come i veneti, come i napoletani, i pugliesi, i siciliani, non prendono, piangendo al magico momento della partenza della potente locomotiva a vapore. Non importa verso quale porto sono diretti, o quale grande bastimento li attende per emigrare nelle Americhe. La spagnola ancora non è scomparsa del tutto, tra novembre e dicembre 1922, a quattro anni dal suo terrificante apice, si contano altre 5.300 vittime. Dopo 1 milione di morti a cavallo tra ottobre 1918, 1919 e il 1922 se ne registrano altri 65 mila in più del normale.
( Foto Stefano Vecchione)