Roghudi Vecchio, la città fantasma. Nel cuore dell’Aspromonte esiste una delle città fantasma più belle, isolate e misteriose della Calabria: Roghudi Vecchio. “Città fantasma” è un termine derivante dalla locuzione in lingua inglese “Ghost Town” che definisce una città abbandonata. Le cause dell’abbandono possono essere sociali. Ad esempio il fallimento dell’economia locale o l’esodo della popolazione verso zone economicamente più favorevoli, o conseguenti a guerre o calamità naturali. Le città fantasma possono essere turistiche con notevoli entrate economiche, come Oatman, in Arizona oppure una vera città fantasma totalmente abbandonata, come Bodie in California e Craco in Basilicata, spesso meta di turisti. Nel caso di Craco, anche set cinematografici. Una città fantasma può essere inoltre un sito archeologico dove rimane poco o niente sopra la superficie, come Babilonia. Le città fantasma sono posti allo stesso tempo un po’ tristi e macabri, dato l’abbandono, ma che ancora attirano, oltre che per le loro bellezze, anche e soprattutto per le storie affascinanti nascoste tra le macerie.
Roghudi Vecchio, la città fantasma intrisa di leggende e misteri
Una tra queste, è Roghudi Vecchio, città intrisa di leggende e misteri. Il suo toponimo, come altri in Calabria, potrebbe derivare da lingue del Vicino Oriente, portate in Calabria durante il III millennio avanti Cristo. Roghudi avrebbe la sua radice nell’aramaico ruha (respiro, vento) seguita da un suffisso indicativo di località (-adi), quindi “Ruhadi” sarebbe “un luogo molto ventoso”, come è in realtà. Appartenente all’area grecofona, il nome potrebbe più probabilmente derivare dal greco rhogodes (“pieno di crepacci”) o da rhekhodes (“aspro”). Tutte accezioni che esprimono appieno la sua natura forte, difficile e la sua posizione scoscesa. Roghudi, difatti, si presenta come un grappolo di case che sembrano tenersi strette le une alle altre, su uno sperone roccioso a circa 600 metri sul livello del mare.
La Ghost Town
Le sue origini risalgono al 1050, infatti il borgo è citato in un documento catastale bizantino e identificato come nucleo abitato vicino ai possedimenti del monastero di Sant’Angelo di Valle Tuccio. Riappare poi, tra i territori del feudo di Bova e, fino al 1806 ricade nella baronia dell’Amendolea. Acquisterà la sua autonomia dopo l’Unità d’Italia. Il 1971, però, segna una svolta nella vita del paese. In quell’anno gli abitanti erano circa 1650, ma una potentissima e disastrosa alluvione causò diversi morti e dispersi, rendendo inagibili molte abitazioni. Questa è una delle zone più piovose della Calabria e non stupisce, quindi, che venga colpita anche da eventi alluvionali piuttosto estremi. Successivamente, l’allora sindaco Angelo Romeo firmava l’ordinanza con la quale imponeva lo sgombero di tutte le famiglie presenti. La maggioranza degli abitanti acconsentì con sollievo al loro trasferimento nei paesi limitrofi più sicuri, ma vi fu anche chi esercitò una resistenza passiva all’ordinanza.
L’alluvione devastante del 29 dicembre 1973
Come sempre succede, le persone più anziane, saldate al proprio paese da un forte legame affettivo, non presero neppure in considerazione l’idea di spostarsi sia pure di pochi chilometri. Ma non passarono neppure tre anni prima che, nella notte del 29 dicembre 1973, un’altra alluvione, ancora più devastante della prima, spazzasse via tutto il possibile. Convincendo, anche gli irriducibili a lasciarsi alle spalle un paese che da quel momento venne definito “fantasma”. Solo nel 1988 nasce Roghudi Nuovo in prossimità della costa ionica alla periferia occidentale di Melito di Porto Salvo, ma lontano 40 km dal vecchio borgo. Oggi Roghudi Vecchio è in un’area a rischio R4, il che significa che nel borgo non si può né costruire né vivere, Proseguendo verso Roghudi Vecchio è un susseguirsi di paesaggi incredibilmente suggestivi, dove la natura rigogliosa spesso si è riappropriata del territorio.
La leggenda di Roghudi
Poche tracce della presenza dell’uomo, solo qualche mucca e capra a occupare la strada dissestata, piena di curve pericolosissime essendo senza protezioni adeguate. Ma qui è il silenzio a regnare incontrastato. Un silenzio surreale, case in pietra costruite sul precipizio, in condizioni di estrema precarietà. In mezzo a tanti edifici in rovina, spicca la chiesetta restaurata di San Nicola. Umile luogo sacro con una croce in legno e diverse immagini votive, segno di una presenza umana che nonostante tutto non vuole abbandonare questo luogo magico. E continua a soffiare un vento che aleggia incontrastato. Le leggende di Roghudi sono davvero tante e a tramandarle sono gli anziani che vi hanno trascorso la loro infanzia. La più nota racconta che, nelle notti più buie, dal fondo dell’Amendolea sottostante, si percepisca distintamente, portato dal vento, il lamento incessante dei bambini che hanno vissuto questo posto. Sono quelli andati incontro ad un triste destino, precipitando nei tanti crepacci che caratterizzano l’abitato.
Roghudi Vecchio ispira anche il cantautore Brunori SaS nel disco ” A casa tutto bene”
Anche uno dei più interessanti cantautori italiani, il calabrese Brunori Sas, è rimasto affascinato dalla bellezza del luogo. Così tanto da scrivere il suo disco “A casa tutto bene” ispirandosi alle meraviglie del borgo fantasma. Seduto sulla terrazza panoramica, ha dato voce alle sue emozioni, costruendo sulle atmosfere del posto, l’intero album. Roghudi Vecchio è diventato così la sua musa e al tempo stesso ha esorcizzato le sue più intime paure. In questo modo la spettrale bellezza di Roghudi ha ispirato la musica: “E che cosa, più della musica, è al tempo stesso solido come la pietra ed effimero come il vento?”.
Tra vicoli inquietanti e misteriosi, ancora oggi si odono le voci di un tempo oramai lontano.
( Foto Wikipedia)