Nel XII secolo, in Calabria si allevava il baco da seta e si lavoravano i bozzoli. Le prime conoscenze seriche le importarono i Bizantini che introdussero il gelso bianco, ma il perfezionamento di quest’arte si deve agli Ebrei, al tempo dei Normanni e degli Svevi. L’allevamento del baco da seta attecchì bene sulle rive delle fiumare calabresi, dunque anche a Cosenza e provincia. Nei paesi che avevano il loro sbocco naturale nella valle del Crati e lungo le piane bagnate dai torrenti, si piantarono numerosi alberi di gelso, le cui foglie furono il nutrimento principale dei bachi.
Baco da seta, un’attività domestica affidata alle donne
L’allevamento del baco da seta e la produzione dei bozzoli aveva carattere familiare e costituiva il principale sostentamento della povera gente. Erano le donne a occuparsene. Esse acquistavano le uova del baco e le tenevano al caldo aspettando che i bacolini uscissero dal guscio. Altre, invece, compravano i neonati di baco e li nutrivano con foglie di gelso triturate, poi li collocavano nei “cannizzi”. Questi altro non erano che dei graticci di canne a più piani. Alle donne spettavano anche le operazioni del ciclo di produzione: dalla trattura alla tessitura.
Le filande
Quella del baco da seta fu un’arte fiorente nel Settecento e nell’Ottocento. Dall’attività di artigianato domestico, che avveniva nei piccoli opifici familiari sparsi nei centri abitati, si giunse all’avvento di grandi stabilimenti: le filande. Nel 1863 in tutta la Calabria si contavano 120 filande. Nella provincia di Cosenza, importanti centri di lavorazione furono Altomonte, Bisignano, Castrovillari, Longobucco, Mendicino, Montalto. Nel 1857, Mendicino contava quaranta filande, dove, per circa quattro mesi all’anno, lavoravano 30 uomini e 320 donne, di cui 120 erano fanciulle. Le filande erano luoghi malsani. Qui le donne, sottopagate, respiravano per dodici ore al giorno il vapore nauseabondo che emanavano i bachi morti.
La seta impreziosiva il corredo nuziale
Dall’allevamento del baco si otteneva una seta di qualità eccelsa, che ben presto invase i mercati europei. Le giovani spose appartenenti ai ceti sociali più agiati, arricchivano il loro corredo nuziale con magnifiche coperte di seta. La tradizione calabrese prevedeva che, durante le processioni, i damaschi più preziosi venissero stesi ai balconi delle case padronali. Ancora oggi, in molti paesi, permane questa usanza.
Il mercato di Cosenza
A Cosenza non solo si allevava il baco da seta, la città bruzia era uno dei mercati principali della seta. I bozzoli venivano venduti nel cuore del centro storico, precisamente nella “piazzetta dei follari”. Questa era ubicata sotto l’antico monastero delle Vergini, tra via del Liceo e via Padolisi. Qui, gli allevatori arrivavano anche a piedi dai paesi limitrofi. Portavano i bozzoli per venderli ai produttori più grossi che si occupavano delle successive fasi della lavorazione. Il luogo era noto anche come “chjazza d’i cucùlli”, termine che in dialetto indica proprio i bozzoli. Anche su Corso Telesio, un tempo Via dei Mercanti, nelle numerose botteghe presenti si vendevano lana e seta. La fiera più importante di Cosenza era quella della Maddalena, dove si “dava la voce”, cioè il prezzo della seta. Essa prendeva il nome dall’omonima chiesetta che sorgeva nell’attuale piazza Riforma. Ai tempi di Ferdinando I, questa imponente fiera della seconda metà di luglio fu portata da 12 a 15 giorni.
Produzione del baco da seta, decadenza nel ‘900
L’allevamento del baco da seta cominciò a diventare un’attività poco redditizia solo nei primi del ‘900. In questi anni il prodotto che giungeva da altri paesi divenne economicamente più competitivo. La decadenza dell’attività serica fu determinata soprattutto dal monopolio vessatorio che il governo Italiano aveva cominciato a esercitare su di essa. Come se ciò non bastasse, altri fattori contribuirono a determinarne il declino. Fra questi, la carenza di manodopera, le epidemie e i terremoti che sconvolsero la Calabria.