Coronavirus, dall’Unical arrivano gli anticorpi sintetici. Una nuova strategia per il trattamento del Covid-19 è stata sviluppata in laboratorio da un gruppo di ricercatori dell’Università della Calabria e dello spinoff Macrofarm.
Grazie al loro tenace lavoro, si accende una speranza sul fronte Coronavirus, l’ormai nota malattia infettiva respiratoria che sta mietendo vittime in tutto il mondo.
Coronavirus, una terapia basata sugli anticorpi sintetici
La notizia, di questi giorni, accende una fiammella nel cuore di ognuno, soprattutto in quello dei familiari delle persone contagiate, che lottano negli ospedali tra la vita e la morte. La terapia si basa sull’utilizzo di anticorpi sintetici monoclonal type, in grado di intervenire prima che il virus infetti la cellula umana, per bloccare l’infezione. Pur rappresentando, questo, un risultato degno di nota, la ricerca non si ferma qui, ma necessita di ulteriori studi.
Coronavirus, il team di scienziati
Il team di scienziati, che inorgoglisce Arcavacata e la Calabria intera, è composto da Francesco Puoci, professore associato del Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione; dalla dottoressa Ortensia Ilaria Parisi, postdoc Unical; dal professor Vincenzo Pezzi, ordinario di Biologia applicata; dal dottor Rocco Malivindi, tecnico sociosanitario. Con loro anche il dottorando Marco Dattilo e il borsista Francesco Patitucci.
Coronavirus: risultati incoraggianti
Nonostante le poche risorse finanziarie a disposizione, gli studiosi sono giunti a risultati «davvero incoraggianti per un prosieguo». Soddisfatto, il professor Puoci annuncia: «I prossimi passi sono la sperimentazione sul virus attivo e poi quella in vivo, con la voglia e la speranza di arrivare fino in fondo». I ricercatori spiegano anche che, rispetto a quelli “biologici”, gli anticorpi sintetici hanno una maggiore stabilità e versatilità e costi di produzione più contenuti. Inoltre, possono essere progettati e ulteriormente ingegnerizzati in funzione della loro applicazione specifica.
Il lavoro dei ricercatori
Il lavoro dei ricercatori è stato duro, ma ha dato i suoi primi frutti. In pratica, cercando di rendere l’idea nella maniera più semplice possibile, questo è ciò che accade: il Coronavirus “aggancia” la cellula bersaglio umana grazie a una proteina detta spike, che si lega all’Ace2, un recettore delle nostre cellule che consiste in una sorta di porta d’ingresso per il virus.
Quest’ultimo riesce a forzare “l’ingresso” per mezzo di un’unità della proteina spike, detta Rbd. Per evitare che ciò accada, i ricercatori hanno pensato di creare, attraverso la tecnologia di ingegnerizzazione 3D, polimeri a memoria molecolare in grado di riconoscere e captare il segmento della proteina spike che si lega al recettore Ace2. In tal modo, il virus viene “placcato” in anticipo, in modo che non penetri nelle cellule umane.
Studio già brevettato
«Abbiamo lavorato sotto forte stress e a ritmi forzati – racconta il professor Puoci – per poter raggiungere tali risultati in termini di sicurezza ed efficacia. La selettività di azione è stata verificata utilizzando come analogo strutturale la sequenza proteica di un dominio Rbd di un altro Coronavirus, la Sars, che con il nuovo Sars-CoV-2 condivide più dell’80 per cento del genoma». Lo studio, sottoposto a una prestigiosa rivista internazionale, è stato già brevettato per attirare l’attenzione di istituzioni e aziende farmaceutiche nazionali e internazionali.
La nuova strategia e quelle in fase di studio
La nuova strategia si aggiunge, dunque, a quelle attualmente in fase di studio. Non dimentichiamo che l’Italia sta accelerando la sperimentazione di farmaci già esistenti per verificarne l’efficacia contro il Coronavirus. Primo fra tutti, il farmaco contro l’artrite reumatoide. Il nostro Paese, inoltre, allunga il passo verso il vaccino. Infatti i primi risultati della sperimentazione pre-clinica si attendono già nel prossimo mese di aprile.
(Foto: Portale dell’Università della Calabria/Pixabay)
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