Da uliveti millenari la preziosa produzione dell’olio extra vergine d’oliva. La coltura dell’ulivo è largamente praticata nelle Calabrie almeno dal XIII secolo a.C. Provenienti dall’Asia Minore, altre piante di ulivo, sacre alla dea Minerva, arrivano con i nuovi conquistatori greci nell’VIII secolo a.C. Da allora questi alberi sempreverdi e molto longevi sono parte integrante del paesaggio agrario bruzio, regalando ai rilievi collinari ed alle pianure macchie di un verde argento straordinario, degradante verso il mare. Gli impianti arborei, che si adattano alle caratteristiche dei terreni anche mediante la coltivazione a terrazzamento per le forti pendenze, sono costituiti da veri e propri monumenti della natura. Boschi di patriarchi vegetali ultra secolari, che prediligono il clima mite delle Calabrie, senza eccessivi sbalzi di temperatura. Nella Piana di Gioia Tauro si elevano maestosi ad altezze che spesso raggiungono e superano i 60 metri. E qualche volta, come l’ulivo millenario dei Piani di Dasà, o quelli secolari di Torretta di Crucoli, di Cirò Marina, di Guardavalle, hanno una lunghissima storia da raccontare.
Da uliveti millenari la preziosa produzione dell’olio extra vergine d’oliva. Rappresenta amicizia, allegria e benessere
L’ulivo ha contribuito in maniera importante al reddito e ai consumi alimentari, ai ritmi della vita ed alla religiosità popolare. Rappresenta amicizia, allegria e benessere. E’ benedetto a Pasqua per la tranquillità e la pace della famiglia, richiama «pace, fecondità, forza, vittoria, gloria e perfino purificazione e sacralità». Il periodo abituale di raccolta delle olive, con l’uso delle reti, è all’inizio di novembre, dopo la semina del grano. Un tempo, dai piccoli villaggi delle fasce pedemontane calabresi, le raccoglitrici d’olive scendevano alla marina per l’intero inverno: «Le forastiere si caparrano da giugno per carlini 20 al mese, un ottavo di fave, un quarto di milito di olio e mezzo rotolo di sale al mese. Alle longobbucchesi si bonificano 4 carlini pel trasporto del suo sacco, e a quelle di Bocchigliero un viaggio di mulo per ogni dieci. Si calcola il mese, includendovi quello del venire, non quello del ritorno» (Vincenzo Padula).
L’olio migliore è quello dell’annata
Sono donne costrette dalla necessità a lasciare per tanti mesi le loro famiglie, per guadagnare almeno la provvista dell’olio e qualche piccolo compenso. Con la testa china, raccolgono le olive con le mani a una a una per riporle nelle ceste che portano al trappeto sulla loro testa o sul dorso di asini e muli. O ancora, su carri trainati da buoi. L’olio finisce nelle giare per essere usato quotidianamente per il condimento dei cibi poveri e delle pietanze pregiate preparate nei giorni di festa. Nella consuetudine contadina l’olio migliore è quello dell’annata, al contrario del vino che è tanto più pregiato quanto più è invecchiato. È prezioso rispetto agli altri frutti della terra ed è curato e misurato con minuziosità, la sua presenza sulle mense, come nel passato, è una costante. Particolarmente conosciuti, sono quelli del Lametino in provincia di Catanzaro, della fascia prepollinica, delle colline ioniche presilane, dei colli albanesi. E inoltre, della Sibaritide, della Valle del Crati e dei colli circostanti il fiume Savuto in provincia di Cosenza. Dell’Alto crotonese e del Marchesato in provincia di Crotone, della Locride, dei territori prospicienti lo Stretto e il basso Ionio reggino in provincia di Reggio Calabria. Dei colli di Tropea in provincia di Vibo Valentia. Sono zone ritenute particolarmente vocate per l’ulivo, dove le drupe sono ancora raccolte a mano dalla pianta, che non subisce trattamenti chimici.
L’olio prodotto si inserisce a pieno titolo tra quelli biologici
Si produce così, un olio che s’inserisce a pieno titolo tra quelli biologici. Le tecniche colturali praticate nella regione, secondo moderni criteri agronomici hanno una lavorazione che rispetta la tradizione. Dalla polpa fresca delle olive, con acidità molto bassa, sapore fruttato con spunti di piccante e amaro, si prepara la pregiata produzione degli oli extra vergine di oliva D.O.P. Alto Crotonese, Lamezia e Bruzio, i plurimillenari condimenti degli Dei. Nell’elenco nazionale delle produzioni tradizionali italiane, rientrano anche gli oli extra vergine di oliva dei Colli di Tropea, del Savuto, della Locride, di Calabria. Altri oli extravergine calabresi molto apprezzati sono il Geracese della Locride, dello Stretto, Conca degli Ulivi, Basso Ionio reggino, Grecanico, Marchesato di Crotone. Le olive raccolte che non sono usate per l’olio, sono preparate con diverse tecniche di conservazione e gusti diversi: alla calce, in salamoia, nella giara, nere infornate, schiacciate, sotto sale. Bianche o nere, a seconda del grado di maturazione, hanno in cucina un vastissimo e specifico ricettario, con l’aggiunta, qualche volta, di peperoncino.
(Foto Stefano Vecchione)